Posticipo della pensione, più straordinari e smart working: cosa fanno i lavoratori contro il carovita

28 Febbraio 2024

Gli ultimi dati Istat spiegano che non si può ancora parlare di assestamento della dinamica inflattiva, anche se i mesi scorsi hanno dato segnali di attenuazione. In gennaio si è infatti osservato un nuovo rimbalzo. In tutti i casi, la fiammata non è stata assorbita sul piano reale, soprattutto da chi ha stipendi più bassi, perché dagli aumenti dei prezzi dei mesi passati non si è tornati indietro. Questo ha costretto le persone a cambiare abitudini sia nella vita che al lavoro e a trovare piccole strategie “fai da te” per combattere il carovita. Ritardare l’uscita dal lavoro, cercare di fare straordinari, trovare un secondo lavoro sono tra quelle emerse dagli ultimi dati del focus sull’impatto dell’inflazione e sull’evoluzione del lavoro agile del Randstad workmonitor. Per realizzarlo Randstad ha intervistato 764 persone in Italia tra i 18 e i 67 anni (e circa 26.800 a livello globale)

L’impennata dei prezzi e la reazione dei lavoratori

Il 72% dei lavoratori che sono stati intervistati da Randstad si sta muovendo in modo proattivo. Quattro su 10 dicono di aver ricevuto supporto dalle proprie aziende, un terzo ha avuto un aumento di stipendio o bonus negli ultimi sei mesi, mentre solo il 23% ha ricevuto più misure di sostegno per le famiglie, come assistenza all’infanzia o congedi parentali.

LA PROATTIVITÀ DEI LAVORATORI

Le strategie dei lavoratori

Per fare fronte alle conseguenze del carovita i lavoratori hanno messo in atto diverse strategie: il 24% ha intenzione di aumentare o ha già aumentato le ore di lavoro, quasi il 20% sta valutando un secondo lavoro, il 14% pensa di posticipare l’uscita per pensionamento. Ma c’è anche un 14% che ha incrementato lo smart working per ridurre i costi di spostamento. Il 20% degli italiani oggi lavora prevalentemente da casa, il 31% non lo fa ma la riterrebbe la soluzione migliore, secondo quanto spiega la ricerca. Sullo smart working, però, nelle imprese c’è una tendenza ad un maggiore equilibrio e a prevedere l’alternanza tra presenza in sede e lavoro da remoto.

Nuovo equilibrio per lo smart working

Per molti, la possibilità di scegliere o meno il lavoro agile non è più così scontata: il 38% afferma che la propria azienda non offre sufficiente flessibilità per lo smart working, e nel 34% dei casi i datori di lavoro richiedono la presenza in ufficio con maggiore costanza. Sullo smart working ci sono però pro e contro. Se il 14% degli intervistati sfrutta maggiormente il lavoro da casa per evitare il costo degli spostamenti, il 10% si reca in ufficio per risparmiare quelli energetici. Rispetto al 2022, secondo la ricerca di Randstad c’è anche meno flessibilità in termini di orario di lavoro, secondo quanto dice il 26% degli intervistati. Valentina Sangiorgi, chief hr officer di Randstad, interpreta questi dati spiegando che nei lavoratori «c’è una maggiore consapevolezza di ciò a cui ambiscono nella loro vita professionale e sono sempre più attenti alla ricerca di un’occupazione che sia per loro sostenibile, sia dal punto di vista economico che organizzativo».

La flessibilità

In questo contesto, la possibilità di poter gestire con più flessibilità il lavoro è particolarmente apprezzata: se lavorare in ufficio è la soluzione preferita, non lo è più come in passato 5 giorni su 5. Lo farebbe meno di un terzo dei lavoratori (il 29%), mentre il 41% vorrebbe un lavoro ibrido equamente distribuito tra casa e sede di lavoro.