Dalla Germania all’Italia lo smart working diventa l’esca degli annunci di lavoro

24 Febbraio 2024

Le offerte di lavoro delle imprese

Indeed, uno dei principali siti al mondo per la ricerca di lavoro, usato da oltre 3,5 milionid di datori di lavoro, con più di 350 milioni di visitatori unici al mese che cercano lavoro, per capire quanto lo smart working sia ancora apprezzato ha analizzato gli annunci di lavoro in diversi paesi europei arrivando alla conclusione che la percentuale delle offerte di lavoro che consentono di lavorare in modalità ibrida si mantiene vicina ai massimi storici, quelli raggiunti con la pandemia. Considerando Germania, Regno Unito, Spagna, Paesi Bassi, Francia e Italia, nei primi cinque paesi analizzati, la quota di offerte di lavoro che citano la possibilità di lavorare in modalità ibrida o da remoto è vicina ai massimi storici. In Spagna è intorno al 18%, poco distante dal picco più alto registrato (19,2%). Percentuali pressoché stabili anche negli altri Paesi: oscillano intorno al 15 e al 16% nel Regno Unito e in Germania, intorno al 10% in Francia e al 9% nei Paesi Bassi. In Italia c’è una diminuzione che si ferma intorno ai 2 punti percentuali: il picco è stato 10,4%, oggi sono il 7,8%. In tutti i Paesi considerati gli annunci dove si parla della possibilità di lavorare da remoto sono significativamente aumentati rispetto a prima della pandemia.

LO SMART WORKING NEGLI ANNUNCI DEI DATORI DI LAVORO
IL LAVORO DA REMOTO NEGLI ANNUNCI DEI CANDIDATI
Le domande di lavoro dei candidati

Facendo l’operazione inversa e andando a vedere la percentuale di ricerche dei lavoratori su Indeed che contengono l’espressione chiave smart working e lavoro da remoto, anche qui si nota una certa stabilità. La percentuale nel nostro Paese è stabile intorno al 2% (il picco massimo è stato del 2,2%). In Germania la percentuale è oggi del 3,1% contro il picco del 3,2%, nel Regno Unito è del 2,7% contro il massimo del 3%, in Spagna del 2,6% (picco al 2,7%), in Olanda lo 0,8% e in Francia lo 0,7%. Una tendenza che non lascia affatto sorpreso l’amministratore delegato di una grande società di consulenza che si occupa di compensation. «Tutti chiedono di fare smart working e di venire in ufficio il minimo indispensabile», racconta. Così, nella nuova sede, inaugurata in piena pandemia ma progettata nel periodo pre pandemico, oggi si ritrova con una percentuale media di occupazione del 41%. Dato che il contratto di affitto è stato stipulato pensando al lungo periodo, una rinegoziazione per avere meno spazio, oggi, avrebbe costi troppo elevati e quindi la società ha scelto di non utilizzarne una parte che non poteva essere destinata ad altre attività se non a quelle di ufficio, in modo da risparmiare almeno i costi di gestione. E nel contempo di riadattare gli spazi riducendo quelli della mensa per farne sale riunioni, per esempio, e di scegliere le scrivanie condivise. Alla scadenza del contratto di affitto, se la situazione si manterrà stabilmente così, verranno ridotti gli spazi. Una scelta che sembra accomunare diverse grandi società, secondo quanto emerge dai trend del mercato immobiliare.

I lavoratori da remoto in Italia

Gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano rappresentano un quadro di progressiva stabilizzazione del numero di smart worker che nel 2023 sono stimati in 3 milioni e 585mila, quasi metà dei quali nelle grandi imprese. È proprio qui che l’Osservatorio ha riscontrato i comportamenti e gli stili di leadership più maturi, come dimostra il fatto che il 59% ha attivato iniziative di formazione e accompagnamento nei confronti di capi e collaboratori per comprendere come gestire in modo efficace i team che lavorano anche da remoto, a fronte del 20% nelle Pa. Interrogate sul futuro dello smart working, le grandi imprese prevedono di mantenerlo e solo il 6% non sa se avrà un modello di lavoro ibrido in futuro. Nelle Pa vi è invece una maggior incertezza: il 20% che non sa come evolverà l’iniziativa, titubanza che si avverte soprattutto nelle organizzazioni di minore dimensione. Nelle Pmi, quasi una su cinque, non sa come o se la propria organizzazione prevedrà lo smart working. Rispetto al numero di lavoratori coinvolti nel 2024, le organizzazioni vedono una crescita, frutto dell’aumento dei lavoratori coinvolti nelle grandi imprese e nelle Pa e ancora una possibile leggera riduzione in Pmi e microimprese. Nelle grandi imprese private si prevede che l’aumento della diffusione sarà legato, almeno in parte, all’ampliamento dei profili professionali coinvolti. Nel 2024 l’Osservatorio del Politecnico di Milano stima che ci saranno circa 3,65 milioni di smart worker.