Dopo aver aspettato 7 anni per il rinnovo del maggio dello scorso anno, adesso per i 100mila lavoratori della vigilanza privata si profila la possibilità sempre più concreta di arrivare a un secondo aumento salariale in pochi mesi. Come riferisce il segretario generale della Uiltucs, Paolo Andreani, «il 9 e il 10 gennaio sono previsti due incontri tra i sindacati di categoria, (Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs, ndr) e le associazioni datoriali del settore (Anivip, Assiv, Univ, Legacoop Produzione e Servizi, Agci Servizi e Confcooperative Lavoro e Servizi, ndr) per rivedere gli aumenti che erano stati concordati con l’ultimo rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro siglato il 30 maggio che aveva garantito aumenti per il livello medio di riferimento di 140 euro». Non abbastanza per discostare di molto dai sei euro i minimi contrattuali degli inquadramenti più bassi dei servizi fiduciari, ossia i vigilanti non armati (i vigilanti armati hanno stipendi più alti, anche per il maggiore rischio della professione). L’obiettivo è quello di avvicinarsi a quanto stabilito dagli accordi raggiunti con le società che sono finite nel mirino della magistratura e che hanno successivamente definito percorsi di aumento poco sotto il 40%, a titolo di acconto sui futuri aumenti contrattuali, e «arrivare a un accordo collettivo nazionale che migliori le condizioni salariali della categoria», dice Andreani.
La class action
I sindacati di categoria lo scorso maggio hanno sì siglato l’intesa con minimi per gli inquadramenti più bassi dei vigilanti non armati intorno ai 6 euro, ma negli anni hanno anche portato avanti diverse battaglie per l’aumento dei salari della categoria, compresa una class action per disapplicare le tabelle retributive del contratto sezione servizi fiduciari del 2013, dopo che «diverse sentenze, nel tempo, hanno sancito la non conformità all’art. 36 della Costituzione in merito alla retribuzione dei lavoratori impiegati nei servizi fiduciari e che hanno visto, nel corso dei mesi di vigenza del contratto del 2013, il non rispetto degli impegni presi dalle associazioni datoriali», spiegavano Filcams Cgil e Fisascat Cisl, in una nota antecedente al rinnovo del contratto che non era stato firmato dalla Uiltucs, diversamente da quello del 2023. Va poi detto che la categoria non è tra le più sindacalizzate e questo riduce fortemente il potere contrattuale ai tavoli negoziali.
I commissariamenti
Anche sull’onda dei ricorsi, delle denunce e delle segnalazioni partiti dai sindacati, sulla questione delle retribuzioni dei vigilanti sono intervenute la magistratura, che ha sancito l’insufficienza della retribuzione dei livelli più bassi dei servizi di sicurezza cosiddetti fiduciari, e la procura di Milano, che ha commissariato diverse aziende, giudicando sfruttamento le basse retribuzioni del settore e scegliendo la via del commissariamento, poi revocato a seguito di accordi sindacali che hanno definito importanti percorsi di aumenti salariali. Tra queste ci sono state la Mondialpol, Servizi Fiduciari Sicuritalia e Cosmopol che comunque applicavano il contratto collettivo nazionale di lavoro siglato dalle organizzazioni maggiormente rappresentative, sia sindacali che datoriali.
La revisione delle retribuzioni
Mondialpol, dopo l’intervento della magistratura ha deciso un percorso progressivo per portare a un aumento del 38% alla scadenza del contratto collettivo nazionale prevista per aprile del 2026. Lo scorso ottobre, la cooperativa Servizi Fiduciari, già aderente al consorzio Sicuritalia Group Service, ha sottoscritto un accordo con i sindacati per un piano di incremento delle retribuzioni del 38%, che coinvolge 6.729 addetti ai servizi di sicurezza non armata. L’operazione, conclusa con il supporto di BonelliErede, De Fusco Labour&Legal e Deloitte Financial Advisory, per Sicuritalia ha rappresentato un importante investimento nel settore, con 100 milioni di euro previsti per il prossimo quinquennio, che ha garantito condizioni migliorative, con buste paga che a regime saliranno fino a 1.380 euro al mese. Allo stesso modo, Cosmopol ha presentato alle organizzazioni sindacali un piano di incremento delle retribuzioni che prevede un aumento fino al 38% in più, rispetto a quanto previsto dal contratto collettivo nazionale servizi fiduciari. In tutti i casi, dopo la decisione degli aumenti, il commissariamento è stato revocato.
Gli aumenti vicini al 40%
Gli aumenti vicini quasi al 40% che hanno riguardato singole aziende, adesso potrebbero entrare nella contrattazione collettiva nazionale su cui nei mesi scorsi ha acceso un faro anche il ministero del Lavoro, che ha facilitato il dialogo tra le controparti in sede istituzionale. Alla questione si è interessato in particolare il sottosegretario Claudio Durigon e l’interessamento governativo non è irrilevante, dato l’assetto del settore, dove il 60% della forza lavoro è occupato in appalti pubblici impiegati in amministrazioni e sedi istituzionali: «Questo significa che sono in primo luogo le amministrazioni e le istituzioni dello Stato a firmare appalti al ribasso che ricadono poi sulle retribuzioni di lavoratrici e lavoratori. I salari del comparto della vigilanza privata e dei servizi di sicurezza devono essere aggiornati», afferma Fabrizio Russo, segretario generale della Filcams Cgil. L’obiettivo del negoziato in corso è quello di garantire a tutti, sia addetti armati che hanno una retribuzione mediamente più alta, che non armati (servizi fiduciari), un ulteriore aumento rispetto a quello stabilito a maggio del 2023, a livello di contrattazione collettiva nazionale di lavoro. Se quanto accaduto nelle aziende che si sono mosse per prime dovesse diventare il benchmark nazionale allora si andrebbe verso un ulteriore aumento medio vicino a 100 euro che vanno ad aggiungersi ai 140 di maggio.