Negli ultimi tre anni sono stati fatti molti passi avanti per migliorare l’equità retributiva e superare soprattutto il gap di genere. Tuttavia i risultati raggiunti non consentono di depennare il tema retributivo dalle priorità nella gestione delle risorse umane per il 2024. L’inclusione continua a giocare un ruolo di primo piano, anche perché valori come la diversità, l’equità e l’inclusione (DEI) per i lavoratori influiscono sulla decisione di rimanere o meno all’interno di un’azienda. Secondo i dati di “People at Work” dell’ADP Research Institute, condotto su oltre 32.000 lavoratori in 17 paesi (2mila lavoratori in Italia), nel 2023 oltre la metà (53%) dei dipendenti delle grandi aziende ha assistito a un miglioramento del divario retributivo di genere negli ultimi tre anni, rispetto a circa quattro su dieci di quelle più piccole. I miglioramenti maggiori sono avvenuti nelle aziende con 500-1000 dipendenti.
Il contesto italiano
I numeri italiani dicono che il 24% dei lavoratori pensa che negli ultimi 3 anni la gender pay equality sia migliorata (28% uomini e 19% delle donne) e anche le politiche Dei sono migliorate per il 27% (29% uomini e 25% donne). Se il 35% afferma di non aver mai partecipato all’interno dell’azienda a iniziative per favorire le politiche DEI, il 33% ha partecipato a staff training, il 18% a eventi di sensibilizzazione, il 12,4% afferma che la propria azienda ha attuato una revisione dei dati demografici aziendali per identificare aree di miglioramento.
La trasparenza
Una delle vie per migliorare l’equità retributiva che sta diventando un tema sempre più importante è sicuramente la trasparenza. Il Parlamento europeo con l’approvazione della direttiva sulla trasparenza salariale ha posto fine al cosiddetto “segreto retributivo”, per dotare i lavoratori e le lavoratrici dei mezzi necessari per far valere il loro diritto alla parità di retribuzione tra uomini e donne per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore attraverso una serie di misure vincolanti. La mancanza di trasparenza retributiva è stata individuata come uno dei principali ostacoli all’eliminazione del divario retributivo di genere. Le certificazioni sicuramente stanno aiutando a individuare le problematiche e a impostare percorsi strutturati per risolverle. In Italia, con la legge 162/2021 è stata introdotta la certificazione di genere. Secondo i dati ADP, In Italia, si sente ancora sottopagato il 48% delle donne. Non solo: in Italia il 44% dei dipendenti ha ottenuto un incremento medio dello stipendio pari al 5,5%: gli uomini affermano che la loro retribuzione è aumentata del 5,8%, rispetto al 5,2% delle donne. Hanno ottenuto un aumento il 50% degli uomini e il 36% delle donne.
Il peso dell’intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale generativa sarà uno dei grandi temi del lavoro nel 2024. L’etica e la conformità sono considerate sempre più importanti per le aziende. Sarà fondamentale stabilire il modo in cui verranno utilizzati i dati con l’intelligenza artificiale generativa, chi utilizzerà la tecnologia e il modo migliore per conformarsi alle leggi e ai regolamenti correlati. Tra le domande da porsi, secondo Adp research, sicuramente ci sono la privacy e la sicurezza dei dati, i diritti dei dipendenti sull’utilizzo dei loro dati per addestrare modelli di intelligenza artificiale generativa, la fiducia. L’argomento genera molto dibattito e timore: secondo ADP il 13% dei lavoratori italiani crede che l’uso dell’intelligenza artificiale diventerà la norma nel proprio settore nei prossimi cinque anni, riducendo così le attività manuali. Sono più gli uomini che temono l’IA (15%) mentre la percentuale è dell’11% per le donne. La fascia che si sente più minacciata è quella che va dai 18 ai 24 anni (21,5%) mentre scende al 10% per gli over 45.Per quanto riguarda invece i settori, i più insicuri sono gli operatori del mondo finanziario (19%), dei servizi professionali (18%), del manifatturiero (17%) e del settore IT e telecomunicazioni (17%). Seguono gli operatori del real estate (15%) e del comparto media e informazione (15%).
La flessibilità
La flessibilità di tempo e di luogo, soprattutto per le nuove generazioni rimane una priorità. Il 39% della Generazione Z (1995-2010) è insoddisfatto della flessibilità oraria offerta dal proprio datore di lavoro attuale e il 37% della flessibilità del luogo di lavoro. Mentre il 44% dei baby boomer è soddisfatto della flessibilità di orari e luogo offerti che si rivela anche fondamentale per attrarre i nuovi talenti.