Nella to do list delle direzioni delle risorse umane delle grandi imprese, trovare soluzioni alla questione salariale continua a rimanere ai primi posti. A dirlo sono i ritocchi dei budget per gli aumenti, ma anche gli interventi mirati che vengono fatti da oltre un terzo delle organizzazioni e che sono pensati, insieme ad altri strumenti, in ottica di employer branding. Come può essere il bonus retention, che sta iniziando a diffondersi sempre di più.
Le stime per il 2024
Nel 2024 le buste paga continueranno ad aumentare e, se ci sarà l’atteso rallentamento della crescita inflattiva, i lavoratori italiani potranno vedere quel miglioramento reale che in questi ultimi mesi è stato assorbito da un’inflazione che continua a mantenersi su livelli molto elevati. Con l’ultimo Salary Budget Planning report, realizzato coinvolgendo 700 grandi aziende, WTW (Willis Tower Watson) arriva a concludere che nel 2024 i budget salariali per i dipendenti italiani cresceranno del 3,7%, dopo il picco del 3,9% del 2023. Sebbene si tratti di un calo rispetto all’aumento medio effettivo del 3,9% nel 2023, è comunque al di sopra di quanto rilevato nel 2022 (+3,3%) e nel 2021 (+2,4%).
L’attrazione dei talenti
L’ad di WTW, Edoardo Cesarini, spiega che per il 2024 si può fare «una previsione ben al di sopra di quelle degli ultimi 10 anni. Questo dimostra che le aziende si stanno sforzando di rimanere competitive in un clima lavorativo instabile, sebbene la differenza tra crescita retributiva ed inflazione risulti ancora negativa: per assistere ad una crescita reale delle retribuzioni si dovrà aspettare il 2024». L’aumento dello stipendio non è un fattore da sottovalutare, soprattutto per chi deve attrarre talenti: «Le aziende che hanno una chiara strategia retributiva e una buona comprensione dei fattori che la influenzano – continua Cesarini – avranno più successo nell’attrarre e trattenere i dipendenti, stando al passo con un ambiente in evoluzione in cui le certezze del passato non sono più valide».
La pressione inflazionistica
Il principale fattore che influenza le modifiche dei budget salariali è la pressione inflazionistica. A dirlo sono quasi i tre quarti (70%) dei datori di lavoro italiani intervistati. Il secondo è la preoccupazione per un eventuale irrigidimento del mercato del lavoro (53,8%), mentre hanno un minore impatto sulla spinta a modificare i budget fattori come la possibile recessione economica (22,1%), le aspettative dei dipendenti (21,8%) e la gestione dei costi (21,5%).
Le misure economiche
Quasi la metà (46%) delle 700 aziende coinvolte nel Salary budget planning report dicono che attrarre e trattenere i dipendenti è ancora fonte di difficoltà. Una percentuale che nei prossimi 2 anni sembra destinata a calare (32%). Per rispondere alle continue pressioni, le organizzazioni stanno adottando più misure. Più di un terzo (37%) ha aumentato gli stipendi e una percentuale analoga ha avviato una revisione completa delle retribuzioni per tutti i dipendenti. Altre misure adottate includono l’aumento dello stipendio base (36%), l’assunzione di persone in fasce salariali pertinenti (35%), aumenti mirati dello stipendio base (34%) e un maggiore utilizzo dei bonus di retention (27%).