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Acciaierie d’Italia, ex Ilva, ha chiesto il 25 maggio per lo stabilimento di Taranto la cassa integrazione straordinaria in deroga. Durata: dal 20 giugno prossimo al 19 giugno del 2024 o in subordine sino a tutto il 31 dicembre prossimo. I dipendenti interessati sono 2.500 come numero massimo. Sono 2.010 operai, 286 tra impiegati e quadri e 204 intermedi.
L’apertura della procedura è stata comunicata ai ministeri del Lavoro e delle Imprese, alla Regione Puglia e ai sindacati. A fine marzo Acciaierie d’Italia ha definito al ministero del Lavoro un accordo con le sigle sindacali Fim Cisl, Fiom Cgil, Ugl e Fismic per il rinnovo della cassa straordinaria sino a marzo 2024 per 3.000 dipendenti del gruppo.
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Uilm e Usb non hanno firmato l’accordo. L’accordo ha la durata di un anno per tutti i siti dell’ex Ilva, tra cui Genova Cornigliano, Racconigi e Novi Ligure, escluso però Taranto, dove l’attuale copertura è assicurata sino al 19 giugno prossimo. Questo perché il sito pugliese ha già esaurito le disponibilità dell’ammortizzatore sociale. E quindi da metà giugno in poi serve trovare una nuova copertura. Tra cassa straordinaria (in corso) e in deroga (futura), il numero massimo delle unità coinvolte resta però immutato: 2.500.
Riorganizzazione sino al 2025
L’azienda nella nuova procedura spiega che il programma di riorganizzazione “proseguirà sino al 2024/2025 in tutte le unità produttive” e la cassa in deroga viene chiesta per Taranto “in ragione dell’unitarietà del complessivo processo di riorganizzazione che investe la società”. Quest’ultimo, dice AdI, sarà anche incentrato sugli investimenti nell’ottica della decarbonizzazione della produzione. Annunciati la demolizione e bonifica dei cowper per il successivo rifacimento dell’altoforno 5, il più grande d’Europa spento da anni, l’impianto per l’iniezione di polimeri in altoforno (“l’impiego è coerente con una roadmap di decarbonizzazione mirata alla valorizzazione dell’economia circolare”) e il forno elettrico.
“L’azienda – si spiega – ricorrerà all’ammortizzatore sociale citato adeguando la forza lavoro ai volumi produttivi che allo stato, a monte del processo di riorganizzazione, possono attestarsi, nelle condizioni massime di esercizio, a circa 4.000.000 tonnellate di acciaio, al di sotto del valore di produzione massimo consentito dal Dpcm (29 sett. 2017)” (6 milioni di tonnellate annue). Quindi, afferma Acciaierie d’Italia, “l’intero ciclo produttivo del sito di Taranto subirà le conseguenze derivanti dal livello massimo atteso di produzione di acciaio, determinando ripercussioni sul livello di saturazione degli assetti di marcia degli impianti e, quindi, con ovvie ricadute sulla possibilità di impiego in modo continuativo di tutto il personale addetto in ambito produttivo, manutentivo e dei vari enti di staff e servizi”.